La poesia di Giorgio Manacorda nasce da una ferita originaria e viene da una lunga sedimentazione, da diversi strati geologici; così la traccia biografica affiora con un pathos ironico-tragico, o è svelata da violenti tagli metaforici, o emerge come un monolito, alla Benn. Tra questi registri la poesia di Manacorda si è mossa a lungo, dai primi testi che Pasolini presentò su "Paragone" alle più astratte raccolte degli anni Settanta, dalla sintesi di "L'esecutore" a quella di "Soldato segreto". Ma è con "Scrivo per te, mia amata" che ha trovato una forma capace di contenere un'esperienza poetica la cui prima musa è sempre stata la malattia dell'essere al mondo. Da questa esperienza, che si è nutrita di tutte le illusioni e le delusioni pubbliche e private della generazione del Sessantotto, il libro che avete fra le mani continua a interpellare quel "tu" che è il suo tormento e la sua salvezza.
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